Il castello di carte è lì, altissimo, in bilico su un granello di polvere: fermo immagine sulla scena, la luce livida e innaturale, il crollo è inevitabile, basterebbe un colpettino ma altre torri vanno ad aggiungersi, altre mura, altre strutture crescono su altre strutture, intricate, complicate, paurosamente impossibili da comprendere. Lo sfigato è là in mezzo, si copre la testa con le mani, oramai è quasi schiacciato a terra, urla! Che vuole ancora? Una vita che gli è sfuggita di mano, e ora gli basta alzare gli occhi dalla pozza di lacrime e sudore per far scivolare lo sguardo su quel muro altissimo di carte, dai bordi taglienti come lame di rasoio. Ma in realtà potrebbe benissimo alzarsi e andarsene. Mica per migliorare il suo stato: ma giusto perché quella situazione per lui ha la stessa forma di qualsiasi altra. E' cieco ormai, potrebbe vaneggiare di aver visto qualcosa che non esiste, e ne sarebbe convinto. Ma prova a ribattere, non riceverai che un coltello da lancio in mezzo agli occhi. E' disperato, è come un elefante impazzito. Ma in lui non c'è che l'apparenza della disperazione. I sentimenti non si agganciano più al profondo del suo io, sono solo appoggiati lì, spennellati di sputo, può cambiarli come può liberarsene, ma non lo fa, e se lo fa... non lo farebbe di sua volontà. E' spento, un automa, uno straccio, uno schizzo di liquame, un punto in perenne equilibrio instabile. Pensa tu che sta facendo ora. Si è creato una copia di sé stesso, esterna a tutto, e l'ha messa in piedi di fronte a lui. Un feticcio. Sta lasciando sfogare la sua rabbia attraverso le parole allucinate di questo feticcio. Che a sua volta ha creato un'altra entità, esterna a tutto, che osserva la scena e commenta la pena che suscita tutto ciò. Automaticamente, l'inquadratura passa ad un'altra copia di quel deficiente in lacrime, e potrebbe andare avanti così all'infinito. Il deficiente ha capito, in fondo in fondo è stato furbo. Continua a nascondersi in queste rappresentazioni di sé stesso, fuggendo di volta in volta dall'ultima presa in considerazione. E' salvo, e può sparare a zero su quello che
sembra essere lui, ma che non è altro che un guscio vuoto. Come al solito, vuole salvare capra e cavoli. Povero scemo. Il gioco di specchi non potrà durare all'infinito.