27.10.18

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Apparentemente, l'effettiva mediocrità. Ancora è qualcosa che mi torna in mente. Sinceramente non pensavo, visti i consistenti trascorsi psicologici, le intense situazioni ed emozioni vissute ultimamente, le grandi analisi che ho fatto su me stesso.
Eppure...
Mi viene da pensare: e se davvero comunque fosse così come l'ho sempre sentita?

Mi sembra così immediato, a volte, riconoscere che basta essere fatti di una pasta anche leggermente diversa dalla mia per vivere una vita completamente diversa da così. Non per avere chissà quale riconoscimento dall'esterno, per carità, ma solo per essere capaci di regalare una vita soddisfacente a sé stessi.

Mi sembra ancora di essere come uno di quei ristorantini di provincia trovati per caso, senza neanche interpellare TripAdvisor. Ti siedi, ordini, mangi; "Hm!", pensi tra te e te, qualcosa di inaspettato, pensavo peggio! Non è male, dai. Ci sta. Ma comunque alla fine, non c'è alcun motivo per cui tu debba tornare in quel ristorantino. E infatti, non ci ritornerai.

Nonostante la mia faccia resista ancora abbastanza bene allo scorrere degli anni, diversi altri segni - mentali - invece rendono progressivamente più palese il fatto che stia iniziando ad invecchiare. Per esempio, ora il mio campo di attenzione, diciamo il fascio di luce con cui scandaglio la mia vita, si è allargato.
Prima era molto più frequente occuparsi dei dettagli, delle piccole battaglie, dei mattoncini lego delle mie giornate, e spendere le mie energie su tutto questo. Ora inizio ad avere una panoramica molto meno zoommata, riesco a vedere la forma più larga delle questioni, e spazio tra le mie vicende passate e future.
Per esempio, ora mi sembra che la mia vita (o forse la vita di ognuno di noi) sia a grandi linee già scritta dalla nascita. Tra dna e condizioni preesistenti sociali-familiari-economiche-etc , mi pare che un'apprezzabile occasione di riscatto forse sia poco più di un'illusione. Ho vissuto un terzo della mia esistenza, di cui 12 anni personalmente diretti e amministrati solo e soltanto da me. Se guardo al futuro, mi sembra di scorgere già una forma abbozzata ma riconoscibile della vita, piuttosto familiare e credibile.
E non comprende chissà che fuochi d'artificio.
Molto probabilmente non riuscirò mai a conquistare una medaglia d'oro.
Non è un mondo per scemi, questo.
Forse vivrò di avanzi per sempre.
La cosa più dolorosa e che mi fa più rabbia è che non parto da una situazione disastrata. Non vengo da un contesto di sbandati, non ho vissuto tra la povertà o la criminalità, non sono un ignorante, non sono un insensibile, ho dei pregi che sicuramente mi riconosco.
MA.... forse non è abbastanza. Ed ecco sentirmi ricadere nel mezzo, in un limbo in cui sia il meglio che il peggio sembrano equidistanti e lontani da me.
Una fregatura, insomma.

Due anni fa stavo per suicidarmi per questo. Ora mi è pure passata la voglia di togliermi di mezzo! Davvero, pensandoci mi sembra inutile, come il più gretto, insensato e sfigato dei fallimenti. E' per questo che da quando ho eliminato come ultima opzione disperata la morte, mi è rimasto solo da concentrarmi sulla vita, prendere in mano tutti i miei strumenti e adoperarmi per ottenere qualcosa: prendermi cioè l'unica soddisfazione che puoi avere su questo mondo.

Ed è qui che ho avuto di nuovo la sensazione che forse quello che ho non mi basterà mai.

Posso aver accettato tanti lati monchi di me, tanti difetti, mancanze, cose che mettevo a bilancio e che lo facevano sprofondare, ok. Ma non mi va di vivere in regime di "decrescita felice". Che poi felice non è. Dicono che accettare i propri difetti per andare avanti sia la chiave per la serenità, ma non è esattamente una serenità a cui ambisco. Un esempio che facevo tempo fa: mi sentivo come un corridore che non riusciva mai a vincere una corsa. Nonostante tutti gli sforzi e gli allenamenti, niente, puntualmente il sogno veniva infranto. Poi un giorno il corridore si guarda allo specchio, e scopre improvvisamente e con sgomento di non avere le gambe. A quel punto le opzioni diventavano tre:
1) disperazione irreversibile e termine di una vita illusoria e sbagliata alla base.
2) accettazione della propria condizione, serenità data da questo, ma mai più un tentativo di corsa.
3) accontentarsi delle paraolimpiadi pur di continuare a correre.

Avendo depennato l'opzione 1 come dicevo, restano le altre due.

No, non è abbastanza.
 
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