6.8.19

È morto Michele. Era uno dei miei amici nella mia classe delle elementari. È stato un soggetto assurdo per gran parte della sua gioventù, ma negli ultimi anni non era diventato che un mite e sorridente padre e lavoratore.
Il ricordo di lui, dei tempi che furono e dello schiacciante senso di solitudine che provo ultimamente mi stanno scavando dentro e facendo riaffiorare pensieri che probabilmente a questo punto non penso mi abbandoneranno mai.
La solitudine, quella che fa parte di me e da un sacco di tempo. Ho imparato a soffrirne fin da piccolo.
Vivere in una specie di bolla sterile, mentre il mondo di fuori andava avanti in tutti i modi che la vita rende possibili.
Ma io mi chiedo, come cazzo si fa?
Oggi mi è balenata in testa questa immagine.
Tuo figlio, che già passa il 95% del tempo per conto suo, ti chiede di comprargli un Super Liquidator. È un giocattolo, nient'altro che un giocattolo, lui lo vorrebbe per potersi sfidare con gli amici. Non riceve molti regali di solito, né può procurarselo coi suoi soldi visto che gli è vietato di tenerne né ha mai ricevuto una qualsiasi forma di paghetta o simili.
Però no, glielo neghi. Per anni, glielo neghi. Finché un bel giorno, quando ormai la moda e l'età sono passate, gli concedi di avere una versione sfigata, cinesata e tarocca di quello che ti chiede da un sacco di tempo.
E allora ecco che vedrai tuo figlio giocare da solo nei pomeriggi d'estate, sul terrazzo di casa, a disegnare evanescenti scarabocchi d'acqua sul muro, con quel penoso schizzetto che si ritrova.

E appunto mi chiedo: come si fa?
Come fai a non preoccuparti a vedere una scena simile?
Voglio dire, oggi lo so. Ci sono voluti anni di terapia per superare anche cose come questa.
L'unico punto fermo è questo: se dovessi un giorno avere un figlio, non ripeterei mai gli stessi errori.

C'è del disumano.
 
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