8.12.08

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Ok, allora, razionalmente parlando, vediamo un po'.
Beh si, dalle analisi dei grafici fluttuazionali interni possiamo decisamente affermare che mi trovo nel fondo di uno dei più grandi buchi depressivi degli ultimi tempi. Perché ?
Ah, non saprei. Sicuramente di recente ce ne sono state di scosse. Sai che dovrei fare? tenere una specie di calendario su cui segno tutti gli avvenimenti positivi e negativi che mi capitano. Così da avere una traccia, uno storico, un qualcosa da cui capire perché.
Cosa avremmo quindi? 29 settembre, dopo quasi due anni, si interrompe la storia con Alessio. Ho sputato l'anima dell'anima quel giorno e i successivi. Da lì è iniziato un ingente processo di insabbiatura. La situazione poi si è evoluta, tra tira e molla e alti e bassi, strattoni sulla carne viva. Ho chiuso gli occhi con forza e ho tentato di andare avanti. Ho ricominciato a respirare, ho iniziato a scrollarmi di dosso tutti i sensi di colpa e i dolorosi meccanismi a cui ero sottoposto in ogni momento. Ho tentato di recuperare il recuperabile tra i rapporti umani ormai persi. Ho cercato di uscire, non pensare, distrarmi, fare altro.
Arriva così la fine di ottobre. C'è da partire per Monaco, Paolo s'è offerto per venire, partiamo insieme. Anche se cerco di lasciarmi tutto alle spalle, mi porto dietro un pesante strascico di velluto nero. Cerco comunque di godermi vacanza e compagnia, lontano dalle magagne personali e lavorative, il più possibile. Devo dire che almeno un po' ci sono riuscito. Anche se, (e non me lo perdonerò mai) il tutto non mi ha permesso di godermi appieno per esempio il magnifico incontro con Aimee. Un pagliaccio triste per tutto il tempo.
Torno a Roma, e la vita mi ritravolge. Mi sento debole e sfiancato, ma tento di andare avanti: il lavoro però mi fagocita. Non ho le forze per governare la mia vita e il mio lavoro. In ufficio annaspo per tenermi a galla, gli altri figli di mignotta tornano alla carica e si mettono a farmi pressioni insopportabili. Per metà hanno torto, su altre cose hanno ragione: per l'ennesima volta ho promesso loro una consegna, tra l'altro con un tempo enorme di attesa in mezzo per mia decisione (perché sapevo che non ce l'avrei fatta in tempi brevi) e l'ho clamorosamente infranta. Come al solito il loro lavoro mi si infilza in un fianco senza che se ne venga a capo, e si trascina facendomi da fardello onnipresente. Il corso di giapponese intanto va lentamente a puttane.
Nel frattempo, mi rendo conto di come io non riesca più da moltissimo tempo a trovare un rapporto di amicizia che sia profondo, reciproco e ricambiato, un po' come è stato con Fabio alle superiori. In nessuno riesco a ritrovare quell'accordo di pensieri e parole così magnetico da poter dire di avere un amico, un amico VERO, di quelli da tenerli stretti come l'oro, da essere contenti anche solo di dirsi una parola per telefono o di vedersi un attimo per strada. Ma mi chiedo anche un'altra cosa: non ne trovo perché non se ne trovano... o magari anche non sono in grado di averne in questo momento?
Le settimane passano, e un'inquietudine di fondo cresce costantemente. Nonostante io continui il più possibile a tenermi occupato, uscire, andare in giro con qualcuno, mi basta tornare a casa per sentire che tutto in realtà è come prima. In tutto questo penso, penso.......
Un giorno, leggo per caso un pensiero che aveva scritto Alessio. Mi si apre la terra sotto i piedi, prossima fermata inferno. Mentre per più di due giorni non riesco né a reagire né a muovermi dal letto, mi arriva come una freccia in fronte il risultato finale di tutta una serie di riflessioni che non avevano mai smesso di torturarmi. Mi vesto, esco di casa, vado ad acchiappare Alessio all'aeroporto (era appena tornato da una "fuga"... ) e gli chiedo : "Vogliamo riprovarci ?"
Torno a casa, mi sento più sereno e mi preparo a ricevere una risposta.
La sensazione di piccolo benessere va presto scemando però. Mi sale una smania. Mi si iniziano a svalvolare i ritmi vitali. Mi isolo ancora di più, e non riesco a trovare un sollievo nelle occasioni in cui mi trovo in mezzo alla gente. Quando provo a stare vicino alle persone mi sento rifiutato. E' come un toro infuriato chiuso in un pentolone rovente. Una dopo l'altra tutte le cose che faccio quotidianamente perdono di interesse o iniziano a darmi fastidio. E' come se ci fosse qualcosa di inquinato sotto ogni situazione. Dormo male, non voglio più uscire, divento ancora più distratto e deconcentrato. Per due volte in una settimana non mi sveglio la mattina combinando casini a lavoro. Nel frattempo mi rendo conto facendo i calcoli che nei mesi di dicembre e gennaio non avrei più avuto i soldi neanche per mangiare o tornare a casa in treno. Ne parlo a lavoro, la cosa fortunatamente si risolve con una richiesta di aumento e un saldo anticipato su dei soldi che avrei dovuto prendere. Ma nonostante questo mi rendo conto di come io non stia riuscendo a porre basi solide al mio futuro e come io sia costretto a vivere alla giornata tirando la cazzo di cinghia solo per magari concedermi un finesettimana in qualche locale distraendomi un po'. Solo per quello. Il resto - cambiare casa, fare un investimento, seguire un corso, fare QUALCOSA - me lo posso pure scordare e ficcare nel culo.
Per il ponte dell'Immacolata non ho programmato un cazzo di niente. Sono anche stato in compagnia, ma come al solito continuo comunque a sentirmi arido, apatico, isterico e infuriato. Nemmeno la musica ho voglia di ascoltare : in rari casi nella mia vita ho avuto una flessione psichica tale da rendere inutile persino la musica.

Questo era uno sfogo grosso.
Non riesco a cavarmi da questa merda. Non so cosa fare.
VAFFANCULO !!!!!!!!!!!!!!

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